Adriano in Siria, Madrid, Scrivano, 1757

 ATTO TERZO
 
 SCENA PRIMA
 
 Camera con sedie.
 
 SABINA ed AQUILIO
 
 SABINA
 Come! Ch'io parta? A questo segno è cieco?
 È ingiusto a questo segno? E di qual fallo
 vuol punirmi Adriano?
 AQUILIO
                                             Ei sa che fosti
 d'Emirena e Farnaspe
865consigliera alla fuga. Ei del custode
 ti crede seduttrice; e con tal arte
 sa i tuoi falli ingrandir, che a chi lo sente,
 nel punirti così, sembra clemente.
 SABINA
 Serbando la sua gloria,
870beneficando una rivale, io volli
 procurarmi il suo cor. Non l'odio o l'ira
 mi consigliò ma la pietà, l'amore;
 onde error non commisi o è lieve errore.
 AQUILIO
 Sabina, io lo conosco; e lo conosce
875forse Adriano ancor. Ma giova a lui
 un lodevol pretesto.
 SABINA
                                       E ben, mi vegga
 e n'arrossisca.
 AQUILIO
                             Il comparirgli innanzi
 di vietarti m'impose.
 SABINA
                                          Oh dei! Ma deggio
 partir senza vederlo?
 AQUILIO
                                         Appunto.
 SABINA
                                                             E quando?
 AQUILIO
880Già le navi son pronte.
 SABINA
                                            Un tal comando
 ubbidir non si deve.
 AQUILIO
                                        Ah no. Ti perdi.
 Parti. Fidati a me. Lo vincerai
 non resistendo. Io cercherò l'instante
 di farlo ravveder.
 SABINA
                                   Ma digli almeno...
 AQUILIO
885Va'. Senz'altro parlar t'intendo appieno.
 SABINA
 
    Digli ch'è un infedele;
 digli che mi tradì;
 senti. Non dir così.
 Digli che partirò;
890digli che l'amo.
 
    Ah se nel mio partir
 lo vedi sospirar,
 tornami a consolar,
 che prima di morir
895di più non bramo. (Parte)
 
 SCENA II
 
 AQUILIO solo
 
 AQUILIO
 Io la trama dispongo
 perché parta Sabina; e poi mi affanno
 nel vederla partir. Pensa, o mio core,
 che la perdi se resta. Ella risveglia
900d'Augusto la virtù. Soffrir non puoi
 l'assenza del tuo bene;
 ma se lieto esser vuoi, soffrir conviene.
 
    Più bella al tempo usato
 fan germogliar la vite
905le provide ferite
 d'esperto agricoltor.
 
    Non stilla in altra guisa
 il balsamo odorato
 che da una pianta incisa
910dall'arabo pastor. (Vuol partire)
 
 SCENA III
 
 ADRIANO ed AQUILIO
 
 ADRIANO
 Aquilio, che ottenesti?
 AQUILIO
 Nulla, signore; è risoluta e vuole
 partir Sabina.
 ADRIANO
                             Ah se sdegnata è meco,
 ha gran ragion.
 AQUILIO
                               Ma moderate a segno
915son le querele sue che d'altro amante
 la credo accesa. Io giurarei che serve
 l'inconstanza d'Augusto
 di pretesto alla sua.
 ADRIANO
                                      No; non mi piace
 questa soverchia pace. Andiamo a lei.
 AQUILIO
920Ma, signor, ti scordasti
 del re de' Parti. Il mio consiglio accetti;
 vuoi tentar di placarlo; a te lo chiami;
 ei vien; t'attende; e nel compir l'impresa
 ti confondi e vacilli?
 ADRIANO
                                        Ah tu non sai
925qual guerra di pensieri
 agita l'alma mia. Roma, il Senato,
 Emirena, Sabina,
 la mia gloria, il mio amor, tutto ho presente,
 tutto accordar vorrei; trovo per tutto
930qualche scoglio a temer. Scelgo, mi pento,
 poi d'essermi pentito
 mi ritorno a pentir; mi stanco intanto
 nel lungo dubitar, tal che dal male
 il ben più non distinguo; alfin mi veggio
935stretto dal tempo e mi risolvo al peggio.
 AQUILIO
 E finisci una volta
 di tormentar te stesso. Hai quasi in braccio
 la bella che sospiri; e non ardisci
 di stringerla al tuo seno! Io non ho core
940di vederti soffrir. Vado de' Parti
 ad introdurre il re.
 ADRIANO
                                     Senti. E se poi...
 AQUILIO
 Non più dubbi, signor.
 ADRIANO
                                            Fa' quel che vuoi. (Aquilio parte)
 
 SCENA IV
 
 ADRIANO, poi OSROA ed AQUILIO
 
 ADRIANO
 Che dir può il mondo? Alfine
 il conservar la vita
945è ragion di natura. E in tanta pena
 io viver non saprei senza Emirena.
 OSROA
 Che si chiede da me?
 ADRIANO
                                          Che il re de' Parti
 sieda e m'ascolti. E se non pace intanto
 abbia tregua il suo sdegno. (Siede)
 OSROA
950A lunga sofferenza io non m'impegno. (Siede)
 AQUILIO
 (Del mio destin si tratta).
 ADRIANO
                                                 Osroa nel mondo
 tutto è soggetto a cambiamento; e strano
 saria che gli odi nostri
 soli fossero eterni. Alfin la pace
955è necessaria al vinto,
 utile al vincitor. Fra noi mancata
 è la materia all'ire. Il fato avverso
 tanto ti tolse, e tanto
 mi diè benigno il ciel che non rimane
960né che vincere a noi
 né che perdere a te.
 OSROA
                                       Sì. Conservai
 l'odio primiero, onde mi resta assai.
 AQUILIO
 (Che barbara ferocia!)
 ADRIANO
                                            Ah non vantarti
 d'un ben che posseduto
965tormenta il possessor. Puoi meglio altronde
 il tuo fasto appagar. Sappi che sei
 arbitro tu del mio riposo, appunto
 qual son io de' tuoi giorni. Ordina in guisa
 gli umani eventi il ciel che tutti a tutti
970siam necessari; e il più felice spesso
 nel più misero trova
 che sperar, che temer. Sol che tu parli,
 la principessa è mia. Sol ch'io lo voglia,
 tu sei libero e re. Facciamo, amico,
975uso del poter nostro
 a vantaggio d'entrambi. Io chiedo in dono
 da te la figlia e t'offerisco il trono.
 AQUILIO
 (Tremo della risposta).
 ADRIANO
                                             E ben, che dici? (Ad Osroa)
 Tu sorridi e non parli?
 OSROA
                                            E vuoi ch'io creda
980sì debole Adriano?
 ADRIANO
                                     Ah che purtroppo
 Osroa io lo son. Dissimular che giova!
 Se la bella Emirena
 meco non veggo in dolce nodo unita,
 non ho ben, non ho pace e non ho vita.
 OSROA
985Quando basti sì poco
 a renderti felice, io son contento.
 Che si chiami la figlia.
 ADRIANO
                                            Accetti dunque
 l'offerte mie?
 OSROA
                            Chi ricusar potrebbe?
 ADRIANO
 Ah tu mi rendi, amico,
990il perduto riposo. Aquilio. A noi
 la principessa invia.
 AQUILIO
 Ubbidito sarai. (Sabina è mia). (Parte)
 ADRIANO
 Ora a viver comincio. Olà. Togliete
 quelle catene al re de' Parti. (Escono due guardie)
 OSROA
                                                      Ancora
995non è tempo Adriano. Io goderei
 prima de' doni tuoi che tu de' miei.
 ADRIANO
 Van riguardo. Eseguite (Alle guardie)
 il cenno mio.
 OSROA
                           Non è dover. Partite. (Partono le guardie)
 ADRIANO
 Eppur non viene. (Guardando per la scena)
 OSROA
                                    Impaziente anch'io
1000ne sono al par di te.
 ADRIANO
                                       La principessa
 io vado ad affrettar. (S’alza)
 OSROA
                                        No. Già s'appressa. (S’alza trattenendolo)
 
 SCENA V
 
 EMIRENA, ADRIANO ed OSROA
 
 ADRIANO
 Bellissima Emirena... (Incontrandola)
 OSROA
                                           A lei primiero
 meglio sarà ch'io tutto spieghi.
 ADRIANO
                                                          È vero.
 EMIRENA
 (Perché son così lieti?)
 OSROA
                                            Eppure, o figlia,
1005fra le miserie nostre abbiamo ancora
 di che goder. Lo crederesti? Io trovo
 nella bellezza tua tutto il compenso
 delle perdite mie.
 EMIRENA
                                    Che dir mi vuoi?
 ADRIANO
 Quella fiamma verace... (Ad Emirena)
 OSROA
1010Lasciami terminar. (Ad Adriano)
 ADRIANO
                                       Come a te piace.
 OSROA
 Tal virtù ne' tuoi lumi
 raccolse amico il ciel che fatto servo
 il nostro vincitor per te sospira.
 Offre tutto per te; scorda gli oltraggi;
1015s'abbassa alle preghiere; odia la vita
 senza di te che per suo nume adora.
 ADRIANO
 Tu dunque puoi... (Ad Emirena)
 OSROA
                                     Non ho finito ancora. (Ad Adriano)
 ADRIANO
 (Mi fa morir questa lentezza!)
 OSROA
                                                         Io voglio...
 (Senti, o figlia, e scolpisci
1020questo del genitor ultimo cenno
 nel più sacro dell'alma). Io voglio almeno
 in te lasciar morendo
 la mia vendicatrice. Odia il tiranno
 com'io l'odiai finora. E questa sia
1025l'eredità paterna.
 ADRIANO
                                   Osroa, che dici?
 OSROA
 Né timor né speranza
 t'unisca a lui. Ma forsennato, afflitto
 vedilo a tutte l'ore
 fremer di sdegno e delirar d'amore.
 ADRIANO
1030Giusti dei, son schernito!
 OSROA
 Parli Cesare adesso. Osroa ha finito.
 ADRIANO
 Sconsigliato, infelice, e non t'avvedi
 che tu il fulmine accendi
 che opprimer ti dovrà?
 OSROA
                                             Smania, o superbo.
1035Son le tue furie il mio trionfo.
 ADRIANO
                                                         Oh numi!
 Qual rabbia! Qual veleno!
 Che sguardi! Che parlar! Tanto alle fiere
 può l'uomo assomigliar? Stupisco a segno
 che scema lo stupor forza allo sdegno.
 
1040   Barbaro non comprendo
 se sei feroce o stolto;
 se ti vedessi in volto
 avresti orror di te.
 
    Orsa nel sen piagata,
1045serpe nel suol calcata,
 leon che aprì gli artigli,
 tigre che perde i figli
 fiera così non è. (Parte)
 
 SCENA VI
 
 OSROA ed EMIRENA
 
 OSROA
 Figlia, s'è ver che m'ami, ecco il momento
1050di farne pruova. Un genitor soccorri
 che ti chiede pietà.
 EMIRENA
                                      Se basta il sangue,
 è tuo; lo spargerò.
 OSROA
                                    Toglimi all'ire
 del tiranno roman. Senza catene
 ti veggo pur.
 EMIRENA
                          Sì; ci conobbe Augusto
1055d'ogn'insidia innocenti e le disciolse
 a Farnaspe ed a me. Ma qual soccorso
 perciò posso recarti?
 OSROA
                                         Un ferro, un laccio,
 un veleno, una morte,
 qualunque sia.
 EMIRENA
                              Padre, che dici? E queste
1060sarian prove d'amor? La figlia istessa
 scellerata dovrebbe... Ah senza orrore
 non posso immaginarlo. Invan lo speri.
 Il cor l'opra abborrisce; e quando il core
 fosse tanto inumano,
1065sapria nell'opra istupidir la mano.
 OSROA
 Va'. Ti credea più degna
 dell'origine tua. Tremi di morte
 al nome sol! Con più sicure ciglia
 riguardar lo dovria d'Osroa la figlia.
 
1070   Non ritrova un'alma forte
 che temer nell'ore estreme.
 La viltà di chi lo teme
 fa terribile il morir.
 
    Non è ver che sia la morte
1075il peggior di tutti i mali.
 È un sollievo de' mortali
 che son stanchi di soffrir. (Parte)
 
 SCENA VII
 
 EMIRENA e poi FARNASPE
 
 EMIRENA
 Misera, a qual consiglio
 appigliarmi dovrò?
 FARNASPE
                                      Corri Emirena. (Con fretta)
 EMIRENA
1080Dove?
 FARNASPE
                Ad Augusto.
 EMIRENA
                                         E perché mai?
 FARNASPE
                                                                      Procura
 che il comando rivochi
 contro il tuo genitore.
 EMIRENA
 Qual è?
 FARNASPE
                  Vuol che traendo
 delle catene sue l'indegna soma
1085vada...
 EMIRENA
                A morte?
 FARNASPE
                                    No. Peggio.
 EMIRENA
                                                           E dove?
 FARNASPE
                                                                            A Roma.
 EMIRENA
 E che posso a suo pro?
 FARNASPE
                                            Va'; prega; piangi;
 offriti sposa ad Adriano; obblia
 i ritegni, i riguardi,
 le speranze, l'amor. Tutto si perda
1090e il re si salvi.
 EMIRENA
                            Egli pur or m'impose
 d'odiar Cesare sempre.
 FARNASPE
                                             Ah tu non devi
 un comando eseguir dato nell'ira
 che è una breve follia. Dobbiamo, o cara,
 salvarlo a suo malgrado.
 EMIRENA
                                              Ad altri in braccio
1095andar dunque degg'io? Tu lo consigli?
 E con tanta costanza?
 FARNASPE
                                          Ah principessa,
 tu non vedi il mio cor. Non sai qual pena
 questo sforzo mi costa. Allorch'io parlo
 non ho fibra nel seno
1100che non senta tremar. Stilla di sangue
 non ho che per le vene
 gelida non mi scorra. Io so che perdo
 l'unico ben per cui
 m'era dolce la vita. Io so che resto
1105afflitto, disperato,
 grave agli altri ed a me. Ma l'Asia tutta
 che direbbe di noi, s'Osroa perisse,
 quando possiam salvarlo? Anima mia,
 sacrifichiamo a questo
1110necessario dover la nostra pace.
 Va'. Consorte d'Augusto
 il grado più sublime
 occupa della terra. Un gran sollievo
 per me sarà quel replicar talora
1115nel mio dolor profondo:
 «Chi diè legge al mio cor dà legge al mondo».
 EMIRENA
 Ah se vuoi ch'io consenta
 a perderti ben mio, deh non mostrarti
 così degno d'amor.
 FARNASPE
                                     Bella mia speme,
1120no, non mi perdi. Infin ch'io resti in vita
 t'amerò, sarò tuo. Sol però quanto
 la gloria tua, la mia virtù concede.
 Lo giuro a' numi tutti e a que' bei lumi
 che per me son pur numi. E tu... Ma dove
1125mi trasporta l'affanno? Ah che ci manca
 anche il tempo a dolerci. Osroa perisce
 mentre pensiamo a conservarlo.
 EMIRENA
                                                             Addio.
 FARNASPE
 Ascoltami.
 EMIRENA
                       Che vuoi?
 FARNASPE
                                            Va'... Ferma... Oh dei!
 Vorrei che mi lasciassi e non vorrei.
 EMIRENA
 
1130   Oh dio! Mancar mi sento
 mentre ti lascio, o caro.
 Oh dio! Che tanto amaro
 forse il morir non è.
 
    Ah non dicesti il vero,
1135ben mio, quando dicesti
 che tu per me nascesti,
 ch'io nacqui sol per te. (Parte)
 
 SCENA VIII
 
 FARNASPE solo
 
 FARNASPE
 Di vassallo e d'amante
 la fedeltà, la tenerezza a pruova
1140pugnano nel mio seno. Or questa, or quella
 è vinta, è vincitrice; ed a vicenda
 varian fortuna e tempre;
 ma qualunque trionfi, io perdo sempre.
 
    Son sventurato;
1145ma pure, o stelle,
 io vi son grato
 che almen sì belle
 sian le cagioni
 del mio martir.
 
1150   Poco è funesta
 l'altrui fortuna,
 quando non resta
 ragione alcuna
 né di pentirsi
1155né d'arrosir. (Parte)
 
 SCENA IX
 
  Luogo magnifico del palazzo imperiale. Scale per cui si scende alle ripe dell’Oronte. Veduta di campagna e giardini sull’opposta sponda.
 
 SABINA con seguito, AQUILIO, indi ADRIANO
 
 SABINA
 Temerario! Non più; benché da lui
 mi discacci Adriano, è a te delitto
 del mio cor la richiesta.
 AQUILIO
 La prima volta è questa...
 SABINA
1160E sia l'ultima volta
 che mi parli d'amor. (Partendo per imbarcarsi)
 ADRIANO
                                         Sabina, ascolta.
 AQUILIO
 (Oimè!)
 SABINA
                   (Numi!) Che chiedi? (Tornando indietro)
 ADRIANO
                                                           A questo segno
 odioso ti son io che partir vuoi
 senza vedermi?
 SABINA
                                Ah non schernirmi ancora.
1165Mi discacci, mi vieti
 di comparirti innanzi...
 ADRIANO
                                             Io! Quando? Aquilio,
 non richiese Sabina
 la libertà d'abbandonarmi?
 SABINA
                                                     Oh dei!
 Non fu cenno d'Augusto (Ad Aquilio)
1170ch'io dovessi partir senza mirarlo?
 AQUILIO
 (Se parlo mi condanno e se non parlo).
 SABINA
 Perfido!
 ADRIANO
                   Non rispondi?
 SABINA
                                                Or tutto intendo
 le trame tue. Sappi Adriano...
 AQUILIO
                                                        È vero.
 Signor, Sabina adoro; e lei presente
1175temei la tua virtù. Perciò lontana...
 ADRIANO
 Basta. Che tradimento! Anima rea!
 Tu rivale ad Augusto! Olà, costui
 sia custodito.
 AQUILIO
                           Avverso ciel! (È disarmato)
 ADRIANO
                                                     Né pensi
 la mia sposa a partir.
 SABINA
                                         Tua sposa!
 ADRIANO
                                                               Io sento
1180che risano a gran passi. Il dover mio,
 d'Emirena i disprezzi,
 gli odi del genitore...
 
 SCENA ULTIMA
 
 EMIRENA, FARNASPE e detti
 
 EMIRENA
 Ah Cesare pietà.
 FARNASPE
                                 Pietà signore.
 EMIRENA
 Rendimi il padre mio.
 FARNASPE
1185Conservami il mio re.
 EMIRENA
                                           Rendilo e poi
 eccomi tua se vuoi.
 ADRIANO
                                      Che!
 FARNASPE
                                                  Sì. Ti cedo
 l'impero di quel cor.
 ADRIANO
                                        Tu!
 EMIRENA
                                                 Sì. Sarai
 tu il nume mio. Per quel sereno il giuro
 raggio del ciel che nel tuo volto adoro,
1190per quel sudato alloro
 che porti al crin, per questa invitta mano
 ch'è sostegno del mondo,
 ch'io bacio... (S’inginocchia)
 ADRIANO
                           Ah sorgi; ah taci. (È donna o dea?
 Quando m'innamorò così piangea).
 SABINA
1195(Qual contrasto in quel petto
 fan l'onore e l'affetto!)
 ADRIANO
 (Se alla ragione io cedo,
 perdo Emirena; e se all'amor mi fido
 la mia Sabina uccido. Ah qual cimento!
1200Quale angustia crudele!)
 SABINA
 (E pur mi fa pietà, benché infedele).
 EMIRENA
 Cesare, e non risolvi?
 SABINA
                                          Augusto alfine...
 ADRIANO
 Ah per pietà non tormentarmi. Io tutto
 quanto dir mi potrai,
1205tutto, Sabina, io so.
 SABINA
                                      No; non lo sai.
 Odi. Troppo fatali
 son le nostre ferite. Uno di noi
 dee morirne d'affanno. Io se ti perdo,
 tu se perdi Emirena. Ah non sia vero
1210che per salvar d'inutil donna i giorni
 perisca un tale eroe. Serbati, o caro,
 alla tua gloria, alla tua patria, al mondo,
 se non a me. D'ogni dover ti sciolgo;
 ti perdono ogni offesa;
1215ed io stessa sarò la tua difesa.
 ADRIANO
 Come!
 SABINA
                Cesare addio. (In atto di partire)
 ADRIANO
                                           Fermati. Oh grande! (Arrestandola)
 Oh generosa! Oh degna
 di mille imperi! Ah qual eccesso è questo
 d'inaudita virtù! Tutti volete
1220dunque farmi arrossir? Fedel vassallo, (A Farnaspe)
 tu la sposa mi cedi
 a favor del tuo re. Figlia pietosa, (Ad Emirena)
 sacrifichi te stessa
 tu per il padre tuo. Tradita amante, (A Sabina)
1225non pensi tu che al mio riposo. Ed io,
 io sol fra tanti forti
 il debole sarò? Né mi nascondo
 per vergogna a' viventi? E siedo in trono?
 E do leggi alla terra? Ah no. Facciamo
1230tutti felici. Al re de' Parti io dono
 e regno e libertà; rendo a Farnaspe
 la sua bella Emirena; Aquilio assolvo
 d'ogni fallo commesso;
 e a te, degno di te, rendo me stesso. (A Sabina)
 FARNASPE
1235Oh contento improvviso.
 SABINA
 Ecco il vero Adriano; or lo ravviso.
 EMIRENA
 Finch'io respiro, Augusto,
 grata quest'alma a' benefici tuoi...
 ADRIANO
 Se grata esser mi vuoi, lasciami ormai
1240la pace del mio cor. Poco è sicura
 finché appresso mi sei. Subito parti;
 io te ne priego. Ecco il tuo sposo; il padre
 colà ritroverai. Lieti vivete;
 e tutti tre spargete
1245questi deliri miei d'eterno oblio.
 EMIRENA
 Almen signor... (Volendogli baciar la mano)
 ADRIANO
                                Basta Emirena. Addio. (Non soffrendolo)
 CORO
 
    S'oda, Augusto, infin sull'etra
 il tuo nome ognor così.
 
    E da noi con bianca pietra
1250sia segnato il fausto dì.
 
 FINE DEL DRAMMA
 
    In Madrid, nella officina di Michele Scrivano, nella strada stretta di San Bernardo.